26 novembre 2011 Workshop esperenziale: Contatti senza contatto. Incontrarsi ai tempi di internet.
Sin dalla nascita, e probabilmente anche prima, è presente un forte desiderio di contatto. È questo desiderio che porta un neonato a cercare spontaneamente il seno della madre: il contatto costituisce un sistema motivazionale più forte del bisogno di cibo. Crescendo, nel corso dello sviluppo, assumerà forme diverse: desiderio di condividere l’attenzione su un oggetto, desiderio di collaborazione prima con l’adulto poi con i pari, desiderio di conoscere il mondo degli oggetti, più tipico dell’età scolare, e poi quello delle relazioni, più tipico dell’età adolescenziale. Ma alla base vi è un unico desiderio, quello di contatto, di essere cioè in una relazione profonda e autentica con l’altro, sia esso oggetto o persona. Questo desiderio, che parrebbe dunque universale, può subire però diversi destini: può capitare che ci si senta profondamente minacciati e impauriti nell’esprimerlo e che quindi lo si ricacci dentro, lo si chiuda dentro di sé in maniera più o meno stagna. Eppure il desiderio di contatto e di relazione ha una sua forza, un suo movimento naturale e seppur bloccato preme, vuole uscire, e dunque se non lo farà in maniera fluida, lo farà in una maniera perversa. Chiamiamo questa “perversione” pseudocontatto, cioè quella forma di contatto interpersonale che, pur presentandosi all’apparenza come tale, è in realtà profondamente separata dall’affetto originario autentico. Nello pseudocontatto la persona non è mai appagata, non si sente profondamente soddisfatta, ma, credendo di essere sulla strada giusta, cerca nuovi contatti che non essendo appaganti alimentano il circolo vizioso di ricerca spasmodica di contatto. Internet dunque come tutti gli strumenti può essere messo a servizio del contatto o dello pseudocontatto. Sappiamo bene come moltissimi giovani tendano a chiudersi dentro Internet, sentono di potersi esprimere solo via chat, creano identità fittizie su FB con cui si creano “amici” altrettanto fittizi, fino arrivare al fenomeno dei Hikikomori, diffusissimo in Giappone ma che sta diffondendo anche da noi, ragazzi che si isolano fino a barricarsi in casa e mantenendo i rapporti con l’esterno solo attraverso internet. Ci siamo domandate: come possiamo metterci nelle condizioni di aiutare questi ragazzi, più o meno giovani, a ritrovare un contatto autentico con mondo esterno e interno? E se dovessimo partire da noi? Dal recupero del nostro profondo desiderio di contatto e della nostra altrettanto profonda paura di questo? L’esperienza che vi proponiamo nel workshop dunque è un viaggio alla riscoperta di questi vissuti attraverso una metodologia che fonda le sue radice teoriche nel Funzionalismo Energetico così come sistematizzato da F. Dragotto, di cui verranno forniti brevi cenni.
Il workshop è a numero chiuso e prevede un massimo di 30 persone.
dr.sse Marzia Vercillo e Paola Mancini
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